Menopausa: come cambiare la narrazione

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il dott. Balzano

     

    Un punto di vista tra scienza e cultura

    Marina Risi

    Ma quale è l’età dell’oro della vita umana? Secondo i nostri modelli culturali è la giovinezza, che coincide con un’idea di forza, bellezza, seduttività, ottimismo, salute, fertilità. Se ne deduce che perdere questa fantastica dotazione naturale deve necessariamente corrispondere ad una condizione di fragilità, disarmonia estetica, depressione, malattia e inutilità sociale. E il gioco è fatto!

    Nel mondo più di un miliardo di donne in menopausa sono a rischio di essere percepite e soprattutto di percepirsi come degli umani di scarto, perché è stata fissata ( ma da chi?) la data inesorabile dell’inizio della fine della vita della donna al momento della cessazione dei cicli mestruali.

    Ho avuto l’onore di prendermi cura di molte donne nella mia attività professionale di ginecologa e posso serenamente affermare di averne incontrate molte ragionevolmente felici in post-menopausa.

    Se partiamo dalla definizione di salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità come “un completo stato di benessere fisico, psichico e sociale”, forse è l’adolescenza il periodo più patologico della nostra vita: non ho mai conosciuto un’adolescente felice.

    Ma i modelli culturali sono radicati profondamente nella nostra psiche e quindi nella nostra visione del mondo; per poterli modificare e attualizzare abbiamo necessità di ampliare la nostra prospettiva.

    Iniziamo da un semplice ma determinante dato demografico.

    Se guardiamo la figura, possiamo vedere che: l’età media della menopausa ( linea rossa) è rimasta sostanzialmente invariata dal 1850 al 2000, mentre l’aspettativa di vita ( linea verde) è aumentata di quasi 40 anni.

    In altre parole, le nostre ave potevano ritenersi fortunate di essere ancora in vita qualche anno dopo la menopausa ed è probabilmente per questo che la cessazione dei cicli è stata associata alla paura di morire. E nei decenni questa paura si è trasformata: ora non si muore più nel corpo, ma nella visibilità, nella seduttività, nella creatività.

    Per la prima volta nella storia dell’umanità, per quello che ne sappiamo, una donna dei nostri tempi ha più vita da vivere senza ciclicità ormonale: circa 12 anni dalla nascita alla pubertà sommati a circa 40 anni in post-menopausa.

    L’approccio medico alla menopausa spesso non tiene conto di questa fondamentale premessa demografica e si continua a mettere in evidenza che la menopausa è un fattore di rischio per ossa infrante, malattie cardiache, depressione e ridotta performance cognitiva.

    Sarebbe come affermare che la pubertà coincide con l’acne, l’anoressia e l’antipatia o che la gravidanza è il mezzo migliore per procurarsi smagliature, incontinenza urinaria e varici.

    E’ pur vero che questi eventi possono essere correlati tra loro, in vario grado, ma quello che cambia tra le parole pubertà , gravidanza e menopausa è l’immaginario che esse contengono.

    Le donne hanno necessità di cambiare la narrazione del proprio cambiamento ormonale inserito in un più vasto panorama di trasformazione biologico, esistenziale e sociale: c’è ancora così tanta vita da vivere!

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    Dott. Giancarlo Balzano

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